Dedicato a Sofia delle mitiche babbucce. In questi giorni di pesteglobale, inaspettati e improvvisi, penso a quanto, e se, l’arte ci possa confortare. E dalla mia visuale di anziana storica dell’arte, la mente corre a Caravaggio, alla sua capacità di parlare di realtà entrando nelle sue viscere, con la profondità inaudita fino alla volgarità come solo ai giovani è dato di spingersi senza offendere. Pensando alla vecchiaia e alla gioventù, a Caravaggio che ne ha trattato, mi sono spinta virtualmente nello splendore della Galleria Borghese. Cosa meglio del S. Gerolamo per soffermarmi a pensare, a riflettere? In questo percorso mi sono imbattuta in Achille Lauro…
Il vecchio santo è chino sui suoi libri, in solitudine. E’ immerso in un impegno intellettuale eccezionale, lui erudito, futuro padre della chiesa e scrittore infaticabile, artefice della traduzione in latino della Bibbia. Il mondo dei vivi rimane fuori. E’ ammessa soltanto la presenza di un teschio, monito della caducità della vita terrena.
Le due fronti si contrappongono e si confrontano: quello che siamo e quello che diventeremo sono lì; inutile discutere. Sbucano decise dall’ombra di fondo, si bilanciano, l’una paradigma dell’altra. La concentrazione del vecchio santo è l’unico ostacolo all’inesorabile avanzare della morte. L’opera di traduzione sulla quale egli è chino si mostra per quello che è: un atto di amore verso chi verrà dopo, verso quella vita che continuerà comunque, nei tanti giovani, e giovani, e giovani, che percorreranno le vie del mondo. Confesso di non conoscere, bene, Achille Lauro. Un nome, lo scandalo dei costumi, i tatuaggi… Oggi, cercando le immagini di Caravaggio, trovo che lui, giovane, è arrivato come me, nelle stesse ore, allo stesso S. Gerolamo. C’è arrivato sprezzante, trasgressivo, provocatorio, come agli artisti è concesso, ma ci è arrivato. E gliene sono grata…
E’ stimolante il confronto tra le due immagini; potrei dire da insegnante che non potevo sperare di meglio… Il vecchio santo caravaggesco è chiuso in una concentrazione in solitaria: la nostra presenza non lo tocca; di noi è inconsapevole: noi, come lui, saremo destinati alla morte, ma lui è oltre, si impegna per la vita che verrà: si impegna sul Libro dei Libri, sul Verbo: tutto va limato con cura, con meticolosità: la parola dovrà passare pura, significante, sacra. Il giovane Achille Lauro stravolge il tavolo; parla con la forza dell’immagine. Guarda verso di noi, si mostra, si espone. La sua visione della vita è legata a noi, gli altri, hic et nunc, qui e ora. Si fa travolgere dalla moda; ci sbatte in faccia la moda, la sua moda, con un atteggiamento volutamente di sfida verso di noi e verso quel teschio che qui diventa drammaticamente fuori luogo. Tale è la pulsione dell’esistenza del giovane col suo costume, i tatuaggi, la sigaretta ostentata, la posa volgare, che il povero teschio, se potesse parlare, non potrebbe farlo che balbettando…
Il giovane sfida la vita, la bellezza della gioventù, la via lunga e lenta della parola e del dialogo con gli altri: rompiamo tutto, ci dice, e mai come ora ha ragione da vendere… Ma l’anziano non cade nel tranello: per assurdo, è lui che prepara il tempo della ricostruzione che arriverà alla fine di questi tempi di peste. E’ lui che salva la parola, la trasmissione sensibile del pensiero tra umani: e allora, in quel preciso momento in cui si ricomincerà a vivere, quei libri serviranno, e come se serviranno…
Coraggiosa in questo audace accostamento! Però credo che Achille Lauro dovrebbe capire che non basta spogliarsi per far san Francesco e che non basta travestirsi per fare Renato Zero… entrambi i due personaggi famosi non si limitano alla sfida distruttiva, costruiscono, uno con la spiritualità e il modello di vita a servizio dei poveri, l’altro con l’arte, fine interprete canoro e autore di bei testi ben musicati… Achille Lauro, con testi poco significativi e modeste qualità canore finora non ha costruito nulla… non mi sembra uno stupido, tutt’altro, ma ancora si deve fare, come si suol dire… Caravaggio invece, nella sua sregolatezza, sa cosa significa distruggere tradizioni per slanciarsi con creatività e talento verso un’epoca nuova, una nuova concezione di luce e colore…
Massimo Seriacopi
Posted at 15:41h, 02 AprileCoraggiosa in questo audace accostamento! Però credo che Achille Lauro dovrebbe capire che non basta spogliarsi per far san Francesco e che non basta travestirsi per fare Renato Zero… entrambi i due personaggi famosi non si limitano alla sfida distruttiva, costruiscono, uno con la spiritualità e il modello di vita a servizio dei poveri, l’altro con l’arte, fine interprete canoro e autore di bei testi ben musicati… Achille Lauro, con testi poco significativi e modeste qualità canore finora non ha costruito nulla… non mi sembra uno stupido, tutt’altro, ma ancora si deve fare, come si suol dire… Caravaggio invece, nella sua sregolatezza, sa cosa significa distruggere tradizioni per slanciarsi con creatività e talento verso un’epoca nuova, una nuova concezione di luce e colore…